Descrizione
NON MI SONO MAI ARRESO
La narrazione di “Non mi sono mai arreso” dipinge il ritratto di Bruno Segre, un avvocato e giornalista torinese la cui figura si erge come una delle più luminose e coraggiose nel panorama dell’antifascismo italiano.
Proveniente dalle valli del Cuneese, Segre si distinse come combattente partigiano, sfidando la minaccia di fucilazione nel carcere di via Asti e il rischio della deportazione per mano dei repubblichini. Tuttavia, la sua resilienza non si esaurì con la fine della guerra: nel periodo successivo, condusse una serie di battaglie civili, tra cui la pionieristica difesa del diritto di obiezione di coscienza, rappresentando nel 1949 il primo obiettore italiano, e la strenua lotta per il riconoscimento del divorzio.
Il suo desiderio più profondo era essere ricordato come colui che si oppose fermamente a ogni forma di sopraffazione, che si trattasse di tentativi di imposizione politica o religiosa. E sul suo ipotetico sepolcro, vorrebbe veder scolpito il motto di Saul Bellow: ‘Qui giace un vinto – dalla morte – che non si è mai arreso’, a testimoniare la sua insuperabile determinazione e integrità.
BRUNO SEGRE
Nasce a Torino il 4 settembre 1918, ove frequenta l’Università dal 1937 al 1940, ultimo allievo di Luigi Einaudi, di cui il padre era stato il primo nel 1901. Si laurea in legge il 15 giugno 1940, con una tesi di laurea dedicata a Benjamin Constant, fondatore del Liberalismo. C’erano però le leggi razziali fasciste e a Segre, figlio di un genitore ebreo, non era permesso di esercitare la professione di avvocato. In questi anni si guadagna da vivere dando lezioni private, compilando tesi di laurea e collaborando, con lo pseudonimo Sicor, a settimanali di novelle, alla rivista “L’Idea Naturista” e a “L’Igiene e la Vita”, quest’ultima tosto soppressa dal fascismo proprio in seguito a un suo articolo antirazzista.
Il 21 dicembre 1942 Bruno Segre viene arrestato per disfattismo politico e trascorre oltre due mesi in carcere, mentre suo padre viene internato in Abruzzo. Dal 1943 comincia un’esistenza clandestina con la propria famiglia in un paesino del cuneese tra Busca, Caraglio e Dronero.
Nel settembre 1944, a Torino, Segre tenta di sfuggire all’arresto da parte della Guardia Nazionale Repubblicana. Ne nasce una sparatoria dalla quale si salva grazie al portasigarette di metallo che portava nella giacca, che ferma la corsa di un proiettile. Viene tuttavia catturato e rinchiuso nella caserma di via Asti e poi trasferito nelle carceri giudiziarie Le Nuove, da dove fortunosamente riesce a uscire qualche tempo dopo, pagando un funzionario dell’U.P.I. Nell’estate del 1946 scriverà un memoriale dedicato alle vicende di questa esperienza di prigionia, Quelli di via Asti, che si deciderà a pubblicare solo nel 2013.
Entra a far parte della Resistenza armata arruolandosi nella 1ª divisione alpina “Giustizia e Libertà” a Pradleves (Val Grana) e prende parte alla liberazione di Caraglio.
Dopo la Liberazione, alla vigilia del referendum istituzionale, in un casuale incontro a Torino in piazza Castello con Umberto II (detto “il Re di maggio”), Bruno Segre gli chiede provocatoriamente se avrebbe votato per la Monarchia o la Repubblica: Umberto rimane di stucco e si allontana in fretta.
Lavora poi come cronista al quotidiano liberale “L’Opinione”, che sostituiva al tempo “La Stampa” ed era diretto da Franco Antonicelli e Giulio De Benedetti. È in questo ambiente che conosce Alcide De Gasperi, Ferruccio Parri, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Leo Valiani, Giuliano Vassalli e numerosi altri personaggi del mondo della cultura e della politica.
Dopo la chiusura de “L’Opinione”, nel 1947 è redattore del quotidiano socialdemocratico “Mondo Nuovo”, diretto da Corrado Bonfantini. Cessate le pubblicazioni di questo giornale nel 1948, riprende la pratica legale. Supera l’esame di procuratore, pur continuando la collaborazione a “Paese Sera”, “Il Corriere di Trieste”, “Corriere di Sicilia” e altri giornali. Nel 1949 esce il primo numero de “L’incontro”, un mensile indipendente che chiuderà 70 anni più tardi, alla fine del 2018.
Negli anni 1970 Bruno Segre, durante la sua campagna di stampa a favore del divorzio, noleggia un piccolo aereo da turismo dal quale vengono lanciati 50 mila manifestini su Torino con questo testo: ”Il divorzio non viene dal cielo, ma dalla legge dell’on. Fortuna che alle 18 parlerà al Teatro Gobetti”. Il comizio si svolge in un teatro pieno in ogni ordine di posti.
Dal 1958 al 1968 è consigliere degli Ospedali Psichiatrici di Torino, Collegno, Grugliasco, poi consigliere dell’Ordine regionale Piemonte-Valle d’Aosta dei giornalisti e consigliere nazionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana.
Dal 1975 al 1980 è capogruppo del Partito Socialista Italiano nel Consiglio Comunale di Torino, ma esce dal Psi all’epoca di Bettino Craxi; dal 1980 al 1990 è sindaco effettivo dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino e consigliere di varie società partecipate dall’Istituto.
Nel settembre 2018 ha festeggiato i 100 anni.[1]
È presidente della Federazione provinciale torinese dell’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti (ANPPIA), presidente onorario della Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno” (del cui organo ufficiale, Libero pensiero, è stato per anni direttore) e presidente onorario della Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni. È anche vicepresidente della Società per la Cremazione di Torino (SOCREM), dopo essere stato per 40 anni presidente della Federazione Italiana delle SOCREM, fondatore e direttore della rivista “L’ara”.
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